Comunicazioni contradditorie e ingiunzioni paradossali

La comunicazione dissonante non è in sé pericolosa ma lo diventa quando si è vincolati al rapporto con l'altro da una dinamica di dipendenza

I messaggi di relazione vengono veicolati essenzialmente attraverso la comunicazione non verbale quindi non tanto attraverso le parole che pronunciamo quanto in virtù del modo con cui le diciamo. Rilevano Watzlawick, Beavin e Jackson che il rapporto che intercorre tra comunicazione verbale e comunicazione non verbale può esprimersi in termini di reciproca coerenza o al contrario in termini dissonanti. Nel primo caso i due differenti canali comunicativi esprimono uno stesso messaggio e si rafforzano reciprocamente, nel secondo caso veicolano messaggi divergenti. Abbiamo a che fare con una “comunicazione ambigua”.

In ambito logico e matematico si definiscono paradossali due affermazioni che pur smentendosi reciprocamente risultino entrambi vere. Si pensi al paradosso di Jourdain del 1913 (“La frase seguente è falsa. La frase precedente è vera”), o al “paradosso del barbiere” di Bertrand Russell del 1918. Per W. B. e J. un  esempio classico di ingiunzione paradossale è la frase “Sii spontaneo!". Altri esempi delineati dalla scuola di Palo Alto sono “Devi amarmi”, “Voglio che mi domini”, “Non essere così obbediente”. 

In teoria, la comunicazione dissonante non è in sé pericolosa perché il ricevente dispone degli elementi necessari a decostruirla e a farne emergere gli elementi di contraddittorietà. Ma è possibile disambiguare le comunicazioni contraddittorie a condizione di non essere vincolati al rapporto con l'altro da una dinamica di dipendenza. Ecco allora che l’ingiunzione paradossale intrappola il ricevente in un “doppio legame”, che aumenta i rischi di patologia della comunicazione, quando non della personalità, al punto che Gregory Bateson rileva una sua elevata frequenza nelle famiglie psicotiche a carattere dissociativo, pur non potendo affermare che ne sia la causa. 

Le ingiunzioni paradossali, nascono sempre da un conflitto tra verbale e non verbale, come delineato dai ricercatori della scuola di Palo Alto? Probabilmente no: l’insegnante che sollecita l’allievo a scrivere velocemente per poi lamentarsi successivamente della scarsa leggibilità del testo scritto veicola due ingiunzioni chiare in cui verbale e non verbale sono allineati e congruenti. Ciò che rende paradossale la prima ingiunzione è la mancata esplicitazione degli effetti che comportano la violazione della seconda.

Quindi il doppio legame può essere ingenerato anche da due prescrizioni espresse entrambe verbalmente ed entrambe congruenti con la propria comunicazione non verbale di riferimento: è necessario però che mettano il soggetto che le riceve nella condizione di dover attivare due comportamenti inconciliabili fra loro.

La terapia strategico-paradossale

La centralità delle ingiunzioni paradossali e delle comunicazioni a doppio legame nelle situazioni di patologia familiare è talmente diffusa da indurre psichiatri e psicoterapeuti a usarle consapevolmente e intenzionalmente in funzione terapeutica: è il caso della terapia-strategico paradossale. 

Mettiamo il caso di un terapeuta che ha in cura un paziente con una patologia maniacale-ossessiva che la porta per esempio a lavarsi le mani centinaia di volte al giorno. Prescrivere al paziente da parte del terapeuta la assurda soluzione di lavarsi migliaia di volte al giorno, adducendo come pretesto il fatto che per esempio il comportamento eccessivo del paziente è causato dal comportamento disfunzionale di uno dei due caregiver, porterebbe il soggetto a volersi “ribellare”.

L’ingiunzione paradossale sin li trasmessa in modo ambiguo è stata esplicitata mediante un registro comunicativo nel quale comunicazione verbale e non verbale risultano improvvisamente allineate. La paradossalità non è qui veicolata da un’incongruenza tra verbale e non verbale bensì dalla coesistenza di due tesi esplicite contraddittorie fra di loro entrambe oggetto di prescrizione: ovvero che il malessere del paziente e conseguente al farsi carico di un problema del caregiver e la seconda è che nonostante questo egli debba continuare a fare esattamente ciò che sta facendo. L'obiettivo è ovviamente quello di indurre alla ribellione consentendo al paziente di percepire se stesso più forti o per lo meno abbastanza da poter rovesciare la situazione.

La comunicazione strategica paradossale tuttavia non è facile da attivare in ambito educativo poiché come si è visto essa consiste nel prescrivere al paziente il comportamento cosiddetto patologico. Conseguentemente, questa strategia può essere prescritta solo nel caso che ci prescrive il comportamento sia una figura esterna che non ha contribuito allo svilupparsi della comunicazione patologica; che se ne faccia un uso mirato e selettivo con il solo scopo di sbloccare la situazione, e che il terapeuta continui rendersi cura del paziente e delle altre persone del contesto anche dopo.

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