Messaggi di relazione: dal contesto alla definizione dei ruoli

Comprendere l'"habitat" delle relazioni; dal contesto alla definizione dei ruoli di potere passando per la punteggiatura delle sequenze comunicative

Non è possibile comprendere il senso compiuto del comunicare se non lo si inserisce nella più ampia trama di eventi, situazioni, leggi implicite ed esplicite che ne definiscono i vincoli e ne regolano le modalità di convivenza.

“Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica”, affermavano Watzlavick, Beavin e Jackson riprendendo un assunto base dell'approccio sistemico.

Un modo efficace per comprendere un contesto può essere quello di affidarsi al modello della Ridondanza, che si fonda sull'osservazione oggettiva del contesto e consiste nel rilevare gli elementi più ricorrenti del contesto medesimo, quelli che non a caso si esprimono con una frequenza elevata facendo emergere la natura, gli scopi, le regole ma anche le dinamiche comunicative e relazionali. Il modello della ridondanza libera l’osservatore della necessità di compiere verifiche di tipo mentalistico, che si affidino ai vissuti, alle interpretazioni e alle ricostruzioni dei soggetti che fanno parte del contesto: non si tratta di ascoltare le persone che fanno parte del contesto, mentre raccontano quello che accade, bensì di osservarle agire.

È sufficiente il modello della ridondanza per comprendere i contesti? In teoria sì, ma di fatto è impossibile: per sviluppare osservazioni esaustive e significative attraverso l'uso esclusivo di questo modello sarebbe infatti necessario poter osservare i comportamenti di tutte le persone del contesto su tutti i piani della loro esperienza di vita.

A condizionare la natura di un contesto intervengono due fattori che possono contribuire in maniera determinante a modificarne l'identità: il primo è relativo alle modalità di punteggiatura delle sequenze comunicative, mentre il secondo fa riferimento alle caratteristiche istituenti (simmetria o complementarietà) delle relazioni che si svolgono al suo interno.

La punteggiatura delle sequenze comunicative

Un modello comunicativo disfunzionale, come per esempio quello di due coniugi che si accusano vicendevolmente, scaricandosi l’un laltro le responsabilità del proprio comportamento, rappresenta una postura comunicativa inefficace e che occulta gli elementi di reciprocità di una relazione. Per uscirne, è consigliabile disporre  le sequenze comunicative su una linea circolare anziché su una linea retta che aiuti a cogliere la funzione di rinforzo che ogni comunicazione ha su quella successiva.

Ogni punteggiatura adeguata esige che si presti attenzione al rischio di assumere il comportamento di uno come causa scatenante del comportamento dell'altro. Se ci si dimentica di situare la comunicazione su di una circonferenza, infatti, si può rimanere colpiti dalla prima sequenza che si osserva e pensare che da quella discenda tutto il resto. Ogni punteggiatura adeguata esige che si parta da una sequenza qualsiasi, quella da cui comincia l'osservazione stessa, senza conferirle un valore particolare. Sarà causa, certo, della sequenza successiva, ma anche effetto di quella precedente, che non abbiamo visto

Sostituire una punteggiatura lineare con una circolare delle sequenze comunicative significa richiamare l'attenzione di entrambi sul proprio essere conesponsabili dei comportamenti dell'altro: accusare l'altro equivale così ad accusare se stessi.

Simmetria e complementarietà

Alla base delle relazioni interpersonali, dicono Watzlawick, Beavin e Jackson, vi sono due possibili modelli di interazione, uno simmetrico e l'altro complementare.

Sono simmetriche quelle relazioni che nascono su basi paritetiche e che prevedono da parte dei comunicanti un medesimo quoziente di autonomia, potere e responsabilità. Rientrano in questa categoria le relazioni fra amici, coniugi, colleghi e fratelli (se la differenza di età lo consente). Sono complementari le relazioni che si costituiscono su basi gerarchiche e che prevedono al loro interno differenti livelli di autonomia, potere e responsabilità: genitore-figlio, insegnante-allievo, medico-paziente, dirigente-subalterno, governanti-governati.

Sii tratta di una distinzione sommaria che non rende però conto della complessità dei fattori in gioco. Una relazione tra amici è indubbiamente “paritetica”, ma se  uno di essi sperimenta nei confronti dell'altro vissuti di ammirazione e lo percepisce come più esperto e competente, non è difficile cogliere che al suo interno si impongano dinamiche di oscillazione tra il modulo paritetico e uno più orientato alla simmetria. Ovviamente ci sono anche situazioni in cui è la complementarietà che si tinge di coloriture di natura simmetrica: può accadere fra genitori e figli quando sperimentano un comune interesse verso situazioni in cui nessuno dei due sia più competente dell'altro o fra insegnanti e allievi quando escono dal contesto della lezione. È improbabile dunque che le relazioni siano connotabili solo a partire dai loro ruoli di riferimento.

Entrambi i modelli di interazione sono efficaci e funzionali in alcune situazioni, mentre possono risultare inadeguati e disfunzionali in altre. La condizione nevralgica al loro buon funzionamento è che essi sappiano mantenere quei margini di flessibilità adattiva che permettono al sistema di vivere processi di scismogenesi e di differenziazione delle norme che regolano il comportamento individuale. 

Le forme di integrazione efficace come la simmetria e la complementarietà possono degenerare e fare da sfondo a relazioni profondamente disturbate e disfunzionali. Secondo la scuola di Palo Alto, il rischio dell'interazione simmetrica è l'escalation competitiva e quello dell'interazione complementare è la cristallizzazione dei ruoli. Secondo al tesi qui sostenuta, invece, la cristallizzazione dei ruoli è comune a entrambe le interazioni, mentre il rischio per l'interazione complementare è l’inversione dei ruoli.

Escalation competitiva e cristallizazione dei ruoli

Tra partner, amici o colleghi,  i vincoli della relazione rischiano di agevolare uno piuttosto che l'altro se il contesto impone per esempio che si vada a teatro anziché allo stadio è evidente in tal caso che l'esperto di calcio sperimenterà una condizione di debolezza e disconoscimento.  caratteristica delle relazioni simmetriche e l'apertura del conflitto quando coloro che ne fanno parte ritengono di doverle riequilibrare per togliere potere a chi ne abbia acquisito troppo. a volte mettersi d'accordo sul. Di riequilibrio non è semplice soprattutto se la buona relazione è ostacolata da vecchi rancori o da tensioni croniche.

Non sempre però il conflitto funge da strumento di divisione, anzi in molte realtà si configura come motore di complicità profonde che riempiono il vuoto. Ci vuole fiducia perché le relazioni funzionino e in una relazione simmetrica la fiducia si esprime nell'accettare che l'altro vada temporaneamente in posizione dominante quando risulti più sapiente e competente rispetto alle attività da svolgere e da condividere. Sempre grazie alla fiducia l'altro saprà tollerare di trovarsi in posizione subalterna quando le sue competenze vengono meno su altri piani di attività. Entrambi i moduli, simmetrico e complementare, sono efficaci se funzionano in modo flessibile evitando il rischio della cristallizzazione dei ruoli: nel primo,  cristallizzare i ruoli significa imporre un equilibrio innaturale per cui la relazione fra le persone che la vivono deve risultare sempre rigidamente paritaria; nel secondo cristallizzare i ruoli significa che chi è in posizione “up” è incapace di concedere a chi si trova in posizione “down” i margini di autonomia necessari per crescere per evolversi.

Inversione dei ruoli

Un problema esclusivo dei rapporti complementari è l’inversione dei ruoli. Si tratta  di' una realtà socialmente diffusa e consiste racconta di insegnanti incapaci di gestire un'aula e genitori che non riescono a farsi ascoltare dai figli.

Le relazioni complementari comprese quelle educative procedono spesso a ruoli rovesciati. chi esercita il potere sperimenta ruoli di dipendenza nei confronti di chi lo subisce non immediatamente riconoscibili. In ambito familiare, i genitori si scoprono con grande facilità dipendenti dai  figli man mano che questi crescono. Meno frequente negli insegnanti ma anche questi ultimi testimoniano spesso la difficoltà di dare voce al senso di un incontro che da parte loro cerca reciprocità con esiti spesso parziali e insoddisfacenti.

L’inconsapevolezza di queste dinamiche può portare vissuti di delusione, fraintendimenti e violenza comunicativa:  come sempre, è necessario imparare a non chiedere troppo e a non investire troppo perché il troppo è nemico delle distanze di cui tutti abbiamo bisogno per crescere e per vivere. La ricchezza della cura è anche dolore della cura.

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