I compiti di sviluppo in adolescenza
La nozione di compiti di sviluppo è stata introdotta dallo psicologo Robert Havighurst nel 1952, influenzato dalle teorie di Erik Erikson. I compiti di sviluppo rappresentano le sfide che un individuo deve affrontare durante specifici momenti della sua vita, il cui superamento conduce a una crescita sana e soddisfacente. Se non vengono risolti nei tempi prestabiliti, il benessere dell'individuo può essere compromesso.
I compiti di sviluppo sono condizionati da tre principali fattori:
- Determinanti biologiche: come la maturazione fisica e il controllo corporeo.
- Pressioni culturali: le aspettative della società, come il raggiungimento di competenze sociali e lavorative.
- Aspetti personali: l’interazione con il contesto familiare e sociale.
Compiti di sviluppo adolescenziali
Secondo Havighurst, l’adolescenza (12-18 anni) comporta dieci compiti di sviluppo principali:
- Stabilire relazioni mature con i coetanei di entrambi i sessi.
- Acquisire un ruolo di genere adeguato.
- Accettare e gestire i cambiamenti della maturità fisica.
- Conseguire indipendenza emotiva dai genitori e da altre figure adulte.
- Raggiungere l’indipendenza economica o prepararsi a farlo.
- Orientarsi verso una carriera o una professione.
- Prepararsi al matrimonio e alla vita familiare.
- Sviluppare competenze civiche e intellettuali.
- Acquisire comportamenti socialmente responsabili.
- Sviluppare un sistema di valori e una coscienza etica per guidare le proprie azioni.
Questi compiti evolutivi non sono rigidi e universali, ma variano in base al contesto culturale e sociale. Ad esempio, il compito di prepararsi a una carriera può essere molto più complesso in società moderne e diversificate rispetto a culture più omogenee.
Compiti di sviluppo giovanili
Nella fase successiva della vita, definita da Havighurst come giovinezza (19-30 anni), compaiono nuovi compiti di sviluppo, tra cui:
- Sviluppare legami affettivi stabili e vivere con un partner.
- Acquisire l’indipendenza abitativa.
- Formare e prendersi cura di una famiglia.
- Iniziare e consolidare una carriera lavorativa.
- Assumere responsabilità civiche e integrarsi nella comunità.
Havighurst sottolinea che il superamento positivo dei compiti di una fase è fondamentale per affrontare adeguatamente i compiti successivi e raggiungere il benessere psicologico.
Modello focale di John Coleman
Lo psicologo John Coleman ha elaborato il modello focale, che offre un approccio alternativo alla teoria dei compiti di sviluppo. Secondo Coleman, gli adolescenti affrontano una serie di sfide o compiti di sviluppo in modo graduale e sequenziale, senza essere sommersi da tutti i problemi contemporaneamente. Coleman evidenzia che i giovani si trovano a fronteggiare vari problemi in fasi diverse, come:
- Cambiamenti fisici durante la pubertà.
- Relazioni interpersonali con i coetanei e il sesso opposto.
- Conflitti familiari e con i genitori.
- Orientamento professionale e scelte future.
La chiave del modello di Coleman è la capacità degli adolescenti di affrontare i problemi uno alla volta, permettendo loro di recuperare energia emotiva tra una sfida e l’altra. Tuttavia, se devono affrontare più problemi contemporaneamente (come responsabilità economiche precoci o condizioni estreme), possono sviluppare un senso di disagio che può sfociare in apatia o comportamenti aggressivi.
Strategie di coping
Il concetto di coping si riferisce alle strategie utilizzate dagli individui per affrontare e gestire i problemi che incontrano nella loro vita quotidiana. Secondo Lazarus, il coping è un processo di adattamento che coinvolge una valutazione cognitiva della situazione e delle risorse personali per risolvere i problemi. Le strategie di coping si dividono in due principali categorie:
- Coping focalizzato sul problema: riguarda gli sforzi per modificare la situazione che causa lo stress, come la ricerca di soluzioni concrete.
- Coping focalizzato sull'emozione: consiste nel regolare le emozioni negative associate alla situazione, ad esempio cercando supporto sociale o distanziandosi emotivamente dal problema.
Studi di Inge Seiffge-Krenke hanno mostrato che gli adolescenti, con l’aumentare dell’età, tendono a utilizzare strategie di coping più attive e focalizzate sul problema, soprattutto coloro che hanno sviluppato uno stile di attaccamento sicuro. Al contrario, l’evitamento come strategia di coping è comune tra gli adolescenti con attaccamento insicuro.
Le differenze di genere nelle strategie di coping sono state ampiamente studiate: le ragazze tendono a cercare più spesso il sostegno sociale, mentre i ragazzi sono più inclini all’evitamento o a strategie più indipendenti. Questo potrebbe riflettere i differenti processi di socializzazione, che incoraggiano l'indipendenza nei maschi e il valore delle relazioni sociali nelle femmine.
Resilienza
La resilienza è la capacità di un individuo di adattarsi positivamente nonostante esperienze di vita difficili, come traumi, malattie o gravi problemi familiari. È un processo dinamico che coinvolge sia le caratteristiche personali che il contesto sociale. La resilienza non si riferisce solo all’abilità di sopravvivere a eventi negativi, ma implica anche la capacità di ricostruire una vita significativa nonostante le avversità.
Il concetto di resilienza è stato studiato in modo approfondito a partire dagli anni ’70, grazie alle ricerche di Emmy Werner. Il suo studio longitudinale sui bambini nati nell'isola di Kauai (Hawaii) ha evidenziato che, tra i bambini cresciuti in condizioni di alto rischio, circa un terzo è riuscito a sviluppare una vita sana e adattata, grazie alla presenza di fattori protettivi come il supporto di adulti significativi e la disponibilità di relazioni affettive stabili.
La resilienza è fortemente influenzata dal contesto sociale, dalle risorse disponibili e dalla capacità dell'individuo di trovare significato nelle esperienze negative. Studi successivi hanno sottolineato che la resilienza non è una qualità fissa, ma un processo che può svilupparsi e rafforzarsi nel corso del ciclo di vita.
Adolescenti migranti e strategie di acculturazione
Gli adolescenti migranti affrontano sfide particolari nel processo di acculturazione, ovvero nel tentativo di integrare i valori e le norme della loro cultura d'origine con quelli della società ospitante. Secondo John Berry, ci sono quattro principali strategie di acculturazione:
- Assimilazione: l’adolescente adotta completamente la cultura della società ospitante, rinunciando alla propria tradizione culturale.
- Integrazione: l’adolescente cerca di mantenere la propria cultura d'origine, ma adotta anche elementi della cultura ospitante.
- Separazione: l’adolescente rifiuta la cultura della società ospitante e si concentra esclusivamente sulla propria cultura.
- Marginalizzazione: l’adolescente rifiuta sia la cultura d'origine che quella della società ospitante, trovandosi in una posizione di alienazione.
Uno studio condotto nei Paesi Bassi su adolescenti marocchini ha rivelato che la maggior parte dei giovani opta per la strategia di integrazione o separazione, mentre pochi scelgono l’assimilazione o la marginalizzazione. Le sfide legate all’acculturazione, come il confronto con modelli culturali diversi e il rischio di discriminazione, rendono l’adolescenza un periodo ancora più critico per i giovani migranti.
Inoltre, gerarchie etniche emergono tra gli adolescenti autoctoni, che tendono a preferire contatti con coetanei di gruppi considerati più simili alla propria cultura, evitando quelli percepiti come più distanti. Questo fenomeno ostacola l'integrazione sociale dei giovani migranti e può aumentare il loro senso di isolamento.