L'adolescenza secondo gli approcci classici
Solo all’inizio del ‘900 l’adolescenza ha cominciato adessere considerata una fase specifica della vita umana. Un cambiamento rilevante nella natura dello sviluppo umano era provocato dai cambiamenti socioeconomici. Negli USA infatti si è assistito a un incremento della produttività industriale e molti teenager hanno smesso d ilavorare.
Il contributo di Stanley Hall (1845-1924)
Stanley Hall è stato il primo a individuare i cambiamenti fondamentali che caratterizzano l’adolescenza (1904), considerandola una fase di "nuova nascita". Secondo lo psicologo statunitense, questo periodo comporta un rinnovamento totale della personalità, una trasformazione profonda che include una fase di intensa turbolenza emotiva e comportamentale, definita come "storm and stress". Riteneva che questa fase della vita presentasse caratteristiche costanti, biologicamente determinate, riprendendo la teoria evolutiva di Haeckel, secondo cui lo sviluppo dell’individuo (ontogenesi) ripercorre le tappe dell’evoluzione della specie (filogenesi).
Hall era fortemente influenzato dalle teorie antropologiche e filosofiche del suo tempo. Condivideva due idee chiave dell’antropologia contemporanea: la convinzione che le caratteristiche acquisite durante la vita potessero essere ereditate e che l’adolescenza fosse il momento cruciale in cui questi tratti venivano trasmessi. Traendo ispirazione da pensatori come Darwin, Nietzsche, Spencer e Haeckel, Hall vedeva l’evoluzione dell’umanità come un processo teleologico, destinato a condurre l’uomo verso una forma superiore, un "superantropoide".
Tuttavia, Hall si mostrava anche preoccupato per le forme di devianza che spesso emergono durante l’adolescenza. Credeva che queste manifestazioni di ribellione e comportamento antisociale potessero essere contenute attraverso il rafforzamento delle norme familiari e sociali, necessarie per mantenere l’ordine e la coesione nella società.
Alcuni aspetti della teoria di Hall sono stati poi abbandonati, come l’idea della "nuova nascita" o la teoria della ricapitolazione evolutiva, ma altri elementi della sua visione continuano a influenzare il pensiero moderno. L'adolescenza è ancora vista da molti studiosi come un periodo di storm and stress, sebbene si riconosca che non si tratti di un’esperienza universale. La manifestazione di questa turbolenza varia, infatti, a seconda di fattori individuali e culturali. L’intensità di molti fenomeni tipici di questa fase della vita contribuisce alla percezione dell’adolescenza come un periodo di tempesta e stress, una categorizzazione che resiste nel tempo.
Il contributo (psicoanalitico)
di Anna Freud (1895-1982)
Anna Freud, figlia di Sigmund Freud, ha portato avanti una collaborazione feconda con il padre, approfondendo le sue teorie e dedicandosi a un’analisi più specifica dell’adolescenza. Nel 1936, ha sviluppato un contributo fondamentale sulla pubertà, che per lei rappresentava una prima "ricapitolazione" del periodo sessuale infantile, un concetto che si ripresenterebbe una seconda volta nel climaterio.
Anna Freud ha evidenziato (1936) che in questi momenti di ricapitolazione, si verificano alcune dinamiche caratteristiche: l'Es, ovvero la parte più impulsiva e primitiva della psiche, risulta particolarmente forte, mentre l’Io, la parte razionale che media tra Es e Super-Io, appare relativamente debole. Durante l’infanzia, l’Io si era rafforzato nella fase di latenza, insieme al Super-Io, che rappresenta le norme morali interiorizzate. Tuttavia, nell’adolescenza, l’Io si trova di fronte alla necessità di utilizzare diversi meccanismi di difesa per mantenere l’equilibrio, poiché l’Es non subisce modifiche significative e rimane una forza potente e costante.
Nel corso di questa fase evolutiva, molti fattori concorrono a determinare l’evoluzione dell’adolescente. Anna Freud ha individuato la forza degli impulsi dell’Es con la libido che si concentra soprattutto nell’area genitale. Tuttavia, la capacità dell’Io di controllare questi impulsi dipende dal carattere formato durante la latenza, e dall’efficacia dei meccanismi di difesa sviluppati. Tra i meccanismi più utilizzati dall’Io in adolescenza, Anna Freud ha individuato l'ascetismo e l'intellettualizzazione. L’ascetismo si manifesta quando l’individuo impone a sé stesso una serie di proibizioni, ad esempio riguardanti il cibo o la sessualità, mentre l’intellettualizzazione implica un continuo ricorso all’attività intellettuale, non tanto per risolvere problemi reali, ma per difendersi dagli impulsi istintuali.
Questi meccanismi di difesa descritti da Anna Freud erano probabilmente più adatti a spiegare gli adolescenti provenienti da ambienti privilegiati della prima metà del Novecento, ma ci si potrebbe chiedere quanto siano ancora attuali. Tuttavia, le sue teorie continuano a offrire uno spunto importante per la comprensione delle dinamiche adolescenziali, in particolare per quanto riguarda il ruolo che l’Io svolge nel tentativo di trovare un equilibrio tra le forze contrapposte dell’Es e del Super-Io.
Il contributo (antropologico)
di Margaret Mead (1901-1978)
Mead, attraverso i suoi studi condotti alla fine degli anni '20, ha proposto una visione dell’adolescenza che si discosta dai modelli intrapsichici della psicoanalisi. Secondo lei, l’adolescenza non è determinata da processi psicologici interni, ma piuttosto dalle influenze culturali che agiscono sull'individuo.
Mead ha condotto le sue ricerche etnografiche sull'isola di Tau, nell’arcipelago di Samoa, una società considerata "primitiva" rispetto agli standard occidentali. Lì ha vissuto per un lungo periodo, studiando l’esperienza di 68 bambine e ragazze provenienti da tre villaggi della costa occidentale dell’isola. Attraverso il metodo dell’osservazione partecipante e le interviste, Mead ha potuto esplorare a fondo le dinamiche adolescenziali all'interno di questa società.
Le sue osservazioni hanno rivelato differenze significative tra l'adolescenza vissuta a Samoa e quella delle società occidentali. Nella cultura occidentale, Mead notò che le famiglie erano spesso caratterizzate da conflitti e che il rapporto tra genitori e figli creava un forte legame di dipendenza. In Samoa, invece, tutti i figli venivano trattati allo stesso modo e imparavano le regole sociali senza particolari tensioni. Se in Occidente l'autorità paterna poteva essere oppressiva, in Samoa era comune che i giovani andassero a vivere con altri membri della famiglia estesa, creando una dinamica familiare più flessibile e priva di conflitti gerarchici rigidi.
Un altro aspetto rilevante riguardava la sessualità: nelle società occidentali, essa era spesso fonte di ansie e conflitti, mentre a Samoa era vissuta in modo naturale e privo di problematiche, sia da un punto di vista individuale che sociale.
Mead concluse che, contrariamente a quanto avviene in Occidente, l'adolescenza a Samoa non era un periodo di tensione e turbolenze emotive, ma un momento piuttosto sereno e stabile. Le tempeste emotive tipiche dell'adolescenza, secondo Mead, non dipendono solo dai cambiamenti fisiologici legati alla maturità sessuale, ma sono fortemente influenzate dai fattori culturali in cui l'individuo cresce. Mead sottolineò inoltre l'importanza dell'educazione alla scelta personale, che riteneva poco praticata nei Paesi occidentali. Secondo lei, questa mancanza contribuisce a rendere l'adolescenza nelle società occidentali più conflittuale rispetto a culture come quella samoana, dove il processo decisionale personale è più sviluppato.
La sintesi operazionale
di Kurt Lewin (1890-1947)
Kurt Lewin, uno dei padri fondatori della psicologia sociale, propose nel 1939 una "sintesi operazionale" sull’adolescenza, cercando di integrare le diverse prospettive esistenti. Secondo Lewin, molti studi sull’adolescenza tendevano a privilegiare eccessivamente un solo aspetto, sia esso biologico, psicologico, sociale o culturale, ignorando la complessità dell’interazione tra questi fattori. Per Lewin, comprendere l’adolescenza richiede una visione che tenga conto dell’interdipendenza di tutti questi elementi, considerandoli nel contesto di situazioni concrete vissute dagli adolescenti.
L’adolescenza è vista da Lewin come un periodo di transizione, caratterizzato da profondi cambiamenti. Uno dei più importanti è il passaggio da una categoria sociale all’altra: l’adolescente smette di appartenere al gruppo dei bambini e inizia ad avvicinarsi al gruppo dei giovani adulti. Questo cambiamento comporta l’ingresso in una "regione sconosciuta", in cui le esperienze non sono ancora strutturate cognitivamente. Ciò è particolarmente vero per quegli adolescenti che hanno avuto poche opportunità di esplorare il mondo esterno. L’incertezza comportamentale, quindi, diventa un elemento centrale di questa fase, acuita dalla poca familiarità con il proprio corpo, che cambia rapidamente con la pubertà, facendo sentire l’adolescente estraneo a sé stesso.
Lewin osserva che questa fase porta anche a una forte plasticità mentale, che spesso si manifesta in forme di radicalismo politico e giudizi estremi. Gli adolescenti sono inclini a formarsi opinioni forti e radicali, in parte a causa della scarsa strutturazione del loro campo cognitivo. Inoltre, l’adolescenza comporta un allargamento dello "spazio di vita" dell’individuo, sia in termini fisici che sociali e temporali. Gli adolescenti si trovano in una condizione di "uomo marginale", poiché non appartengono né al gruppo dei bambini né a quello degli adulti, il che li rende particolarmente sensibili, emotivamente instabili e talvolta avversi ai membri più deboli del proprio gruppo.
Kenneth Keniston (1938):
focus sul '68
Kenneth Keniston, nel 1968, ha offerto un’altra importante prospettiva sull’adolescenza, focalizzandosi sui giovani universitari americani degli anni '60, in particolare durante il periodo della guerra del Vietnam. Keniston ha descritto due tipologie di giovani: da un lato, quelli "disimpegnati", che rinunciavano a coinvolgersi nella vita politica perché vedevano i valori dominanti come compromessi e non degni di essere sostenuti. Dall’altro lato, c’erano i giovani "radicali", impegnati politicamente e coinvolti in movimenti di protesta contro la guerra e altre ingiustizie sociali.
Keniston osservava che l'apatia e il riflusso sul privato, spesso etichettati come passività, potevano in realtà essere forme attive di disimpegno, scelte consapevoli dettate da una critica alle istituzioni e ai valori dominanti. Per lui, il gruppo dei pari non rappresentava un luogo dove si assimilano semplicemente i valori della famiglia o della società, né un luogo in cui tali valori vengono automaticamente rinforzati. Al contrario, Keniston vedeva il gruppo dei coetanei come uno spazio di elaborazione e scelta autonoma, dove gli adolescenti costruiscono i propri valori e identità, anche quando apparentemente sembrano distanti da ogni forma di impegno.
In questo quadro, Keniston ha descritto l’adolescente come un individuo profondamente interessato a questioni esistenziali, filosofiche e ideologiche, ma incapace di assumere impegni stabili a lungo termine. Gli adolescenti, secondo lui, sono costantemente preoccupati della propria identità fisica e psicologica, così come della loro integrità morale. Tuttavia, non sono ancora pronti ad assumere responsabilità lavorative durature o a costruire relazioni intime profonde, né dimostrano una forte solidarietà verso gli altri.